11 ottobre 2011

SCAPAGNINI TRUCCAVA I BILANCI: 2 ANNI E 9 MESI

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Umberto Scapagnini e le due giunte municipali di Catania da lui guidate "falsificarono" i bilanci comunali del 2004 e 2005 per "occultare il disavanzo" ed evitare così oltre al dissesto finanziario la decadenza e l'incompatibilità da amministratori. Un buco in bilancio colmato con il finanziamento di 140 milioni di euro deciso dal governo Berlusconi e prelevati dai fondi Fas. Lo ha stabilito il giudice monocratico Alfredo Cavallaro che, oggi pomeriggio, ha condannato l'ex sindaco e tutti i componenti che presero parte ai due esecutivi a due anni e nove mesi. Sconto di sei mesi di pena, e dunque condanna a due anni e tre mesi invece per coloro che parteciparono solo all'ultima giunta.

Condanna pesante per due motivi: prima di tutto perché i pubblici ministeri avevano chiesto la condanna a due anni e 4 mesi per l'ex sindaco Umberto Scapagnini e due anni per tutti gli assessori: dunque, il tribunale è andato oltre; poi perché il processo già in fase di udienza preliminare aveva perso uno dei due reati che venivano contestati. Il giudice dell'udienza preliminare, infatti, aveva prosciolto tutti per l'abuso rinviando a giudizio solo per il falso. Il processo per il buco in bilancio al comune di Catania è durato due anni: secondo i magistrati, la giunta Scapagnini nel formulare il bilancio del 2004 avrebbe previsto una copertura del disavanzo di 40 milioni di euro indicando vendite di immobili che non potevano avvenire. Stesso discorso e stesso disavanzo per il rendiconto 2005. Nell'inchiesta entrò anche "Catania Risorse" la società creata dal comune per vendere immobili e fare cassa. Beni risultati però inalienabili. Secondo, l'accusa, dunque, i bilanci erano stati truccati ad arte.



fonte: Repubblica.it

01 ottobre 2011

INCREDIBILE - LAURA SALAFIA SI DEVE PAGARE LE CURE DA SOLA


Niente risarcimento per Laura Salafia, la studentessa universitaria colpita da un proiettile impazzito il primo luglio dell’anno scorso in piazza Dante a Catania. Andrea Rizzotti, il pistolero che l’ha ferita, è nullatenente. La 34enne studentessa di Sortino, rimasta paralizzata dal collo in giù, è ancora ricoverata nel Rehabilitation Institute di Imola dove da quel maledetto giorno che le ha segnato per sempre la vita è impegnata in una dura lotta con una difficile riabilitazione neurologica e motoria. Cure specialistiche molto costose che, adesso è certo, dovranno essere sostenute da Laura e dalla sua famiglia. «Dalle visure che abbiamo disposto in tutta Italia – spiega l’avvocato Carmelo Peluso, legale di Laura Salafia – è emerso che Rizzotti non possiede niente. È una vicenda amarissima, che ha ulteriormente gettato nello sconforto un’intera famiglia distrutta e provata da una simile tragedia».

Le leggi dello Stato prevedono il risarcimento solo per le vittime di mafia. Non è il caso di Laura, che potrà contare solo sul rimborso delle spese coperte dal servizio sanitario nazionale. Ben poca cosa rispetto alle notevoli spese già sostenute e a quelle che dovranno ancora affrontare per chissà quanto tempo i familiari della sfortunata donna che «è bloccata – ricorda il legale - dal collo in giù e le sue condizioni sono difficilmente reversibili». Un aiuto economico sarebbe dovuto arrivare dall’Università di Catania, attraverso una raccolta fondi proposta a caldo dal rettore Salvatore Recca. Ma a quanto pare l’Ateneo, che sull’onda emotiva si era mobilitato al fianco di Laura, si è dimenticato della studentessa. La sottoscrizione infatti non è mai partita. Anche in questo caso, l’avvocato Peluso si fa interprete dell’amarezza dei familiari e ricorda che «il rettore si era messo a disposizione, ma credo che né il sottoscritto né la famiglia possa e debba chiedere qualcosa. Deve essere il rettore a prendere l’iniziativa».

Come si ricorderà, la tragedia della studentessa si consumò in pochi attimi il primo luglio del 2010 a pochi metri dall’ex Monastero dei Benedettini. Laura aveva appena sostenuto un esame alla facoltà di Lettere e Filosofia quando fu ferita gravemente alla nuca da uno dei cinque proiettili sparati dal cinquantacinquenne Andrea Rizzotti, all’epoca impiegato del Comune come guida-custode della Chiesa di San Nicolò, e indirizzati verso il pregiudicato Maurizio Gravino per risolvere uno screzio personale. Il processo si è aperto al Tribunale di Catania nello scorso giugno e vede alla sbarra il feritore che è imputato di duplice tentato omicidio.


Fonte: Corriere della Sera