La Corte Costituzionale cassa di illegittimità la legge regionale che aboliva le incompatibilità tra le cariche di primo cittadino, assessore o presidente di Provincia e parlamentare regionale. Ma c'è sempre una indegna scappatoia. Tra l'altro, l'incompatibilità vale anche a livello nazionale. E com'è finita in giunta del Senato sul "caso" Stancanelli?
La Corte Costituzionale ha affossato (in parte) gli escamotage legislativi dell'Assemblea regionale siciliana dichiarando "l'illegittimità costituzionale della legge della Regione siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei Deputati all'Assemblea regionale siciliana), così come modificata dalla legge regionale 5 dicembre 2007, n. 22 (Norme in materia di ineleggibilità e di incompatibilità dei deputati regionali), nella parte in cui non prevede l'incompatibilità tra l'ufficio di deputato regionale e la sopravvenuta carica di sindaco e assessore di un Comune, compreso nel territorio della Regione, con popolazione superiore a ventimila abitanti". Questa la conclusione della sentenza 143 della Consulta, datata 14 aprile 2010.
Insomma non si può essere contemporaneamente deputati regionali e sindaci di un Comune di più di 20 abitanti (la logica forse vorrebbe che non lo si possa essere anche per i comuni con meno abitanti). Dunque no al doppio incarico di deputato e sindaco o di deputato e assessore o di deputato e presidente di Provincia. C'è troppo da fare nell'amministrare una città per sedere anche sugli scranni dell'Ars.
E lasciamo correre che il procedimento parlamentare per vagliare la compatibilità dell'incarico di senatore con quello di sindaco di Catania sarebbe partito soltanto perché un giornalista ha fatto una domanda. Ma che fine ha fatto questa segnalazione? Perché il senatore Stancanelli non fa un atto di opportunità e rispetto per i cittadini catanesi e sceglie cosa fare da grande? Il sindaco o il senatore? Uno che ha a cuore il destino della città (o dell'Italia) o uno che pensa solo a raggranellare doppio potere e doppia poltrona?
Fonte: ildito.it
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