Il quotidiano "la Repubblica" torna oggi sull’inchiesta catanese su Raffaele Lombardo, la famosa e contestata indagine sul concorso esterno. Il presidente ha detto più volte che a suo carico non c’è nulla. Oggi l’edizione palermitana del quotidiano di Ezio Mauro torna sull’argomento, con un pezzo di Francesco Viviano. Viviano ribadisce: “Per il presidente e per il fratello Angelo, la Procura diretta da Vincenzo D’Agata non ha chiesto gli arresti perché allo stato: non ci sono elementi sufficienti indizi di colpevolezza”.
Scrive ancora Viviano: “L’inchiesta tuttavia è tutt’altro che conclusa e registra due grossi elementi di novità. La prima quella accaduta appena ieri pomeriggio con la perquisizione nella redazione del periodico “Sud” su ordine della Procura della Repubblica di Catania e su sollecitazione del presidente della Regione, Raffaele Lombardo, che due giorni fa ha presentato una denuncia segnalando che “Sud” nel prossimo numero atteso tra oggi e domani avrebbe pubblicato atti relativi all’inchiesta. Ma c’è un altro elemento che turba i sonni del presidente della Regione: l’iscrizione nel registro degli indagati di un altro personaggio eccellente, il geologo Orazio Barbagallo, anche lui accusato di concorso esterno in associazione mafiosa”.
Perché il presidente sarebbe turbato? Si legge: “Il ruolo di questo professionista è descritto nella corposa richiesta del pm (…) per gli investigatori il geologo Orazio Barbagallo sarebbe stato ‘un anello di collegamento’ tra i mafiosi catanesi ed alcuni esponenti politici locali e regionali. E con lui anche altri colletti bianchi sono finiti nel registro degli indagati della Procura di Catania. Abbastanza per non considerare affatto concluso il capitolo più spinoso con il quale Lombardo – che ha sempre respinto – ogni accusa e negato qualunque rapporto con la mafia catanese – deve fare i conti”.
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