È domenica e come di consueto molti catanesi decidono di passare una piacevole domenica al mare, in uno dei lidi di viale Kennedy.
Come ogni anno l’Amt, l’azienda che gestisce il servizio di trasporto pubblico a Catania, mette a disposizione una linea, la linea D, che collega il lungomare al centro di Catania, passando per via Etnea, arrivando fino al piazzale Sanzio. Chi non ha la macchina, chi vuole evitare le lunghe code o chi è stanco di dover fare carità ai posteggiatori abusivi, sa di poter contare su questa linea attrezzata di ben cinque vetture.
Nonostante gli autobus abbiano la facoltà di passare dal porto, by-passando la lunga fila di macchine, è normale aspettarsi dei ritardi, ma l’attesa di ben tre ore che ha costretto me e gli altri pendolari alla rivolta, supera ogni aspettativa e calpesta la dignità del cittadino. Ore 17:30: io e mia sorella usciamo dal lido Le Piramidi. A pochi metri c’è una fermata, ma essendo sprovvista di pensilina e non vedendo autobus all’orizzonte, decidiamo di proseguire a piedi fino alla prima fermata coperta, che avremmo trovato proprio davanti al lido Excelsior (di proprietà del lido stesso).
Dopo mezz’ora di attesa e infastidite dagli sguardi indiscreti dei passanti che sembravano osservare l’uomo di Neanderthal, come se prendere l’autobus fosse qualcosa di superato, decidiamo di proseguire a piedi fino al Lido Azzurro, dove troviamo una pensilina con un’allegra comitiva di anziane signore e giovani.
Nel frattempo è già passata più di un’ora e vediamo due vetture D salire dal viale Kennedy (superato il viale, l’autobus proseguirà per via S. F. La Rena, per poi tornare indietro scendendo per lo stesso viale). Durante l’attesa abbiamo modo di osservare tipici esemplari di cittadini negligenti salire con le proprie auto e i propri suv sul marciapiede, ammonendo col clacson passanti colpevoli di stare in mezzo al marciapiede stesso.
Gli stessi autisti negligenti sono incuranti del vigile appostato a pochi metri, che a sua volta li ignora. È inutile dire che anche la corsia riservata agli autobus è tranquillamente attraversata dalle auto. Sono passate le 19 e gli animi dei pendolari cominciano a scaldarsi. Le signore anziane temono di tornare tardi a casa, molte di loro soffrono di diabete o sono cardiopatiche. Anche loro attendono dalle 17:30. All’orizzonte vediamo un autobus: è il D! Ci affrettiamo davanti alla pensilina col biglietto in mano, ma con nostra triste sorpresa l’autobus tira dritto: è troppo pieno. L’ansia di tornare a casa tardi e le scene attorno a noi di quotidiana inciviltà non possono che farci innervosire ancora di più.
Una signora racconta di non amare il mare, ma essendo vedova e abitando a casa sola, non riuscendo a sopportare anche la domenica il pesante silenzio della solitudine, aveva deciso di raggiungere un’amica al lido. Un’altra signora con due bambini piccoli e stanchi, raccontava delle frequenti richieste dei figli di una giornata di mare, che poteva concedergli solo la domenica, lavorando tutti i restanti giorni della settimana. La pensilina si riempie, siamo ormai una ventina di persone.
Temendo che anche gli altri D in arrivo siano pieni, decidiamo di organizzare una piccola protesta e bloccare il primo D in arrivo. Sono le 20:35 e arriva un autobus, effettivamente pieno, già da lontano infatti l’autista faceva cenno negativo con la mano. Signore e ragazzi quindi si piantano davanti l’autobus, impedendone il proseguimento. Un’anziana signora avvilita inveisce contro l’autista che posteggia la vettura , scende dall’autobus e minaccia di denunciare la signora e tutti noi che abbiamo bloccato la corsa.
La situazione degenera, i passeggeri dell’autobus bloccato ci accusano di aver messo in scena una “stupida” protesta, ma non sono i soli a farlo, anche gli autisti delle auto che avevano preso la corsia d’emergenza, vedendosi bloccati, cominciano a protestare, riuscendo poco dopo ad andar via salendo sul marciapiede. L’autista giustifica il ritardo incolpando chi si astiene dal pagare i biglietti, e l’attenzione dei più è caduta sui numerosi venditori ambulanti extracomunitari a bordo.
Nel frattempo arriva un altro autobus anch’esso pieno. Io continuo a riprendere tutto con il mio telefono, non riesco a seguire tutte le scene, ma riesco a riprendere una signora che spinge un ragazzo che cercava di difendere l’autista. Finalmente gli animi si placano quando gli autobus vanno via annunciando l’arrivo di altre due vetture, ormai sono le 20:50 ed è già buio. Saliti sull’autobus ci guardiamo l’un l’altro, ancora increduli delle tante ore trascorse ad aspettare. Quattro vetture erano scese tutte nell’arco di venti minuti, saltando le corse delle 18 e delle 19.
Non era quindi un problema di quantità, ma semplicemente di organizzazione del servizio. Molte persone erano preoccupate per la strada che avrebbero dovuto percorrere al buio dopo che l’autobus li avrebbe lasciati, ed io non ho potuto far altro che rassicurarli, promettendo che questa storia non sarebbe finita nel dimenticatoio. Ma ora ne dubito anche io, alla fine è solo una storia di ordinaria negligenza.
Chiara Conti
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