Con la complicità di custodi del reparto necroscopico e di infermieri ausiliari che li informavano su persone che stavano per morire o già decedute erano riusciti a ottenere i monopolio assoluto della gestione del 'caro estinto' all'ospedale Cannizzaro di Catania. Per ogni segnalazione l'informatore riceveva in cambio 200-300 euro.
E' l'accusa contestata alla famiglia D'Emanuele dalla Procura della Repubblica nell'ambito dell'inchiesta "Cherubino" della Dia che ha portato all'arresto di 16 su 18 indagati. Tra loro il capomafia Natale D'Emanuele, 70 anni, cugino del boss ergastolano Benedetto Santapaola, già detenuto per altra causa, e i suoi due figli: Antonino, di 36 anni, e Andrea, di 29, attualmente irreperibile.
In carcere sono stati condotti anche due ex custodi dell'ospedale Cannizzaro, Francesco Spinale, di 56 anni, e Rosario Romeo, di 61, e i gestori del servizio di onoranze funebri per contro della famiglia D'Emanuele, i fratelli Giuseppe e Santo Alessandro Spampinato, di 35 e 38 anni. Arrestati anche Francesco Pennisi e Luciano Previte, entrambi di 47 anni, mentre il provvedimento è stato notificato in carcere a Massimo Vecchio di 37 anni.
Il gip ha disposto gli arresti domiciliari per due vigili urbani, uno di Pedara, Angelo Antonello Agosta, di 47 anni, e l'altro di Aci Castello, Camillo Nastasi, di 48 anni; per quattro infermieri ausiliari dell'ospedale, Salvatore Cannizzaro, di 39 anni, Salvatore Gulisano, di 31, Sergio Parisi, 40, e Pietro Santangelo, di 50; e un loro ex collega, Orazio Massimiliano Leotta, di 38 anni. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza e corruzione.
Le indagini - coordinate dal procuratore capo di Catania, Vincenzo D'Agata, e dai sostituti Giuseppe Gennaro, Agata Santonocito e Iole Boscarino - hanno preso avvio dopo il ritrovamento, nel 2005, di armi nell'obitorio dell'ospedale Cannizzaro che portarono alla ricostruzione delle dinamiche in evoluzione all'interno del clan Santapaola, che culminarono con l'uccisione nel settembre del 2007, di Angelo Santapaola, cugino del capomafia Benedetto, e del suo luogotenente Nicola Sedici.
Il meccanismo di quello che gli investigatori definiscono 'l'industria del caro estinto' è stato ricostruito alla Procura di Catania anche grazie alle dettagliate dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia. Secondo l'accusa è stato così possibile svelare il metodo da monopolio sulle onoranze funebri che era basato su "una consolidata connivenza tra soggetti appartenenti al corpo infermieristico degli ospedali e l'azienda dei D'Emanuele".
La Procura ritiene che il boss Natale D'Emanuele, indicato come il reggente del gruppo del Castello Ursino del clan Santapaola, "gestiva direttamente" gli affari e che dopo il suo arresto nel settore economico gli sarebbero subentrati i figli, Antonino e Andrea. Sulla famiglia D'Emanuele sono in corso indagini patrimoniali della Dia.